Le proteste degli agricoltori tedeschi devono portare a ribaltare la politica agricola dell’UE

Oltre cinquemila trattori hanno paralizzato Berlino il 15 gennaio, concludendo una “settimana di azione” senza precedenti degli agricoltori tedeschi (vedi SAS 2/24). La dirigenza dell’Associazione Nazionale degli Agricoltori (DBV) intavolerà ora un dialogo con il governo, minacciando ulteriori cortei di trattori e altre forme di protesta se le istanze degli agricoltori non verranno accolte. Molti di questi non sono d’accordo, in particolare i membri dell’organizzazione indipendente LSV (“La campagna crea collegamenti”), che intendono continuare a fare pressione per assicurarsi che i negoziati non si esauriscano in qualche piccola concessione, invece di risolvere i problemi di fondo del settore agricolo.

Il vero problema è la politica agricola dell’Unione Europea e il flusso incessante di decreti che limitano l’efficienza agricola, che si sono intensificati negli ultimi anni con il pretesto della ” tutela del clima”. Pertanto, qualsiasi tavolo di discussione significativo tra agricoltori e governo deve occuparsi delle alternative alla politica dell’UE.

C’è una questione fondamentale da affrontare: la produzione alimentare deve essere considerata un bene pubblico, in grado di fornire cibo di qualità a costi accessibili per la popolazione e di garantire prezzi remunerativi agli agricoltori che lo producono, in modo da assicurare loro un surplus di reddito sufficiente per investire in innovazioni. Non si può permettere che sia il libero mercato, con le sue speculazioni selvagge e la priorità alla massimizzazione del profitto, la vacca d’oro dei burocrati dell’UE, a determinare la politica agricola. Né può farlo la geopolitica, come il decreto dell’UE che consente alle esportazioni di prodotti alimentari ucraini di invadere l’Europa senza dazi, a spese degli agricoltori europei i cui prodotti sono tassati. Questo tema dovrebbe essere in cima all’agenda dei negoziati a Berlino.

Un’importante correzione da apportare, oltre a liberare le aziende agricole da misure di ” tutela del clima”, che sul clima non avranno comunque alcun effetto, è l’abolizione della direttiva UE di 15 anni fa che permetteva ad acquirenti che non avevano nulla a che fare con l’agricoltura di acquistare terreni coltivabili messi all’asta da agricoltori insolventi. Questa pratica di appropriazione delle terre ha contribuito negli ultimi anni alla scomparsa di aziende agricole a conduzione familiare. Tra i principali accaparratori delle terre in Germania vi sono la Fondazione Aldi Lukas, azionista di riferimento della catena di supermercati Aldi, la compagnia di assicurazione Munich Reinsurance e la grande società immobiliare Deutsche Wohnen.

Un’altra correzione importante sarebbe quella di dare alle aziende agricole accesso a prestiti a lungo termine a basso tasso di interesse per investimenti in macchinari, nuovi edifici agricoli, ecc. e in infrastrutture energetiche e di trasporto. I prestiti e i sussidi non dovrebbero essere utilizzati per spingere gli agricoltori a non produrre cibo. Questo sistema perverso imposto da Bruxelles incoraggia le importazioni dalle regioni extraeuropee. La creazione di un sistema di prezzi remunerativi per gli agricoltori di altre parti del mondo e la concessione di prestiti per lo sviluppo dell’agricoltura devono far parte dello stesso pacchetto.

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