Le elezioni a Taiwan potrebbero creare forti tensioni nell’Asia-Pacifico

La vittoria alle elezioni di Taiwan di Lai Ching-te, candidato del partito al potere DPP, rischia di aggravare le crescenti tensioni con Pechino. Tuttavia, Lai ha ottenuto solo poco più del 40% dei voti, mentre oltre il 33% è andato al candidato del KMT (Kuomintang) e il 26% al candidato del Partito Popolare, nessuno dei quali è interessato all’indipendenza di Taiwan. Per il nuovo Presidente sarà difficile governare, perché il DPP ha perso dieci seggi, dando al KMT una maggioranza di un seggio (52 KMT, 51 DPP, 8 TPP e 2 non affiliati). Il nuovo presidente si troverà quindi a lavorare con un parlamento generalmente ostile a qualsiasi passo verso l’indipendenza. Benché Lai abbia rilasciato dichiarazioni in cui afferma che la posizione di Taiwan non cambierà dopo una vittoria del DPP e di sostenere lo status quo, il pericolo potrebbe essere rappresentato dalle misure adottate dalle “forze esterne”, ossia Stati Uniti e Giappone.

Il giorno prima delle elezioni, la Repubblica Popolare Cinese aveva rilasciato una dichiarazione in cui affermava che avrebbe “distrutto” qualsiasi tentativo di indipendenza di Taiwan. Il giorno successivo, il portavoce del Ministero degli Esteri, Mao Ning, si è concentrato piuttosto sulla dichiarazione rilasciata dal Dipartimento di Stato americano dopo l’annuncio dei risultati, in cui si ribadiva l’impegno a “portare avanti i nostri rapporti non ufficiali di lunga data, coerentemente con la politica degli Stati Uniti di una sola Cina, basata sul Taiwan Relations Act, sui tre comunicati congiunti e sulle sei assicurazioni”. Il Taiwan Relations Act e le “Six Assurances” erano accordi stipulati esclusivamente tra gli Stati Uniti e Taiwan, in cui la Cina non aveva alcun ruolo. In realtà, la dirigenza di Pechino considera giustamente questi documenti dei tentativi di indebolire i tre comunicati congiunti firmati con la Repubblica Popolare Cinese.

In ogni caso, Washington ha immediatamente inviato per consultazioni a Taipei una delegazione composta da due ex membri del governo, Stephen Hadley e James Steinberg. Anche una delegazione giapponese è arrivata a Taipei il giorno dopo il voto.

Il ministro degli Esteri cinese Wang Yi, intervenendo dal Cairo il 14 gennaio, durante una conferenza stampa congiunta con il suo omologo egiziano, ha voluto affrontare personalmente la questione. Wang ha sottolineato che Taiwan non è mai stata una Nazione e non lo sarà mai in futuro. Chiunque sull’isola di Taiwan voglia perseguire l'”indipendenza” per dividere il territorio cinese “sarà severamente punito dalla storia e dalla legge”, ha affermato. Inoltre, ha osservato che chiunque “violi il principio di una sola Cina nella comunità internazionale interferisce negli affari interni della Cina, viola la sovranità cinese e sarà sicuramente osteggiato da tutto il popolo cinese oltre che dalla comunità internazionale”.

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