La CECA: potenziale modello per una conferenza di pace per l’Asia sud-occidentale

Una soluzione al conflitto israelo-palestinese non porterà la pace nella regione se non ci sarà anche un accordo di pace con la Siria, di cui Israele occupa ancora le alture del Golan, e con il Libano. Inoltre, è necessario un riavvicinamento tra Stati Uniti e Iran. Sarebbe quindi opportuno organizzare una conferenza di pace per l’Asia sud-occidentale, non sul modello dell’abortita Conferenza di Madrid del 1992, ma sulla base dei principi enunciati nel Piano Oasis di Lyndon LaRouche (aprile 1994).

A causa dell’estrema acredine tra israeliani e palestinesi, LaRouche affermò: “Prima di una soluzione politica, ci deve essere un interesse economico da parte di entrambe le parti per la stessa”. Non si trattava di mettere il carro davanti ai buoi, come sostengono coloro che insistono nel negoziare una soluzione politica prima di affrontare la questione economica. “In questo caso”, ha sottolineato LaRouche, “propongo di abbandonare la visione sociologica spesso accettata dei negoziati e della grande politica. Propongo che non solo l’effetto materiale, ma anche quello psicologico dello sviluppo sullo stato d’animo individuale sia la chiave dello sviluppo pacifico di questo pianeta nel prossimo periodo”.

Ci sono esempi storici moderni a sostegno di questo principio: le conferenze e i negoziati che hanno portato al Trattato della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, noto anche come Trattato di Parigi, firmato nel 1951. Sebbene sia considerato il fondamento di quella che è diventata l’Unione Europea, quel trattato era una necessità vitale per la ricostruzione delle economie europee che, cinque anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale, erano ancora in crisi. La Germania, che era stata il motore delle economie industriali europee, era divisa e rimaneva sotto un’occupazione che ne limitava il potenziale di rapida ripresa e di ripristino di un ruolo centrale nell’economia europea. Non si era ancora placata l’amarezza della Francia nei confronti della Germania e Parigi cercava di annettere la regione industriale della Saar, ricca di carbone.

Alcuni statisti europei ebbero un’idea migliore: riunire le nazioni produttrici di carbone e acciaio per creare un’organizzazione di Stati sovrani che garantisse l’accesso alle risorse necessarie per il rilancio, l’espansione e lo sviluppo dell’industria siderurgica europea, per il bene comune di tutti i firmatari. Questi ultimi comprendevano Germania Ovest, Belgio, Paesi Bassi, Francia e Italia. Per portare l’economia europea nell’era nucleare, fu creata un’organizzazione gemella, la Comunità europea dell’energia atomica. Vale la pena citare il preambolo del Trattato di Parigi:

“CONSIDERANDO che la pace mondiale può essere salvaguardata soltanto con sforzi commisurati ai pericoli che la minacciano;
CONVINTI che il contributo che un’Europa organizzata e viva può apportare alla civiltà è indispensabile per il mantenimento di relazioni pacifiche;
COSCIENTI che l’Europa non si potrà costruire altro che mediante concrete realizzazioni che creino innanzitutto una solidarietà di fatto e mediante l’instaurazione di basi comuni di sviluppo economico;
DESIDEROSI di concorrere con l’espansione delle loro produzioni fondamentali alla elevazione del livello di vita ed al progresso delle opere di pace;
RISOLUTI a sostituire alle rivalità secolari una fusione dei loro interessi essenziali, a fondare con la instaurazione di una comunità economica la prima assise di una più vasta e più profonda comunità fra popoli per lungo tempo contrapposti da sanguinose scissioni ed a gettare le basi di istituzioni capaci di orientare il destino ormai comune;
HANNO DECISO di creare una Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio: (segue elenco dei firmatari)”.

Da questa dichiarazione emerge chiaramente il principio della pace attraverso lo sviluppo. Si noti che il trattato non violava o metteva in discussione la sovranità degli Stati membri, poiché la commissione, organo multinazionale, aveva competenze limitate agli obblighi descritti nel trattato e, in caso di decisioni che comportassero un’azione legislativa, veniva chiamato in causa il Consiglio dei capi di governo.

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