La campagna presidenziale negli Stati Uniti: Soap Opera o arte dello Stato?

Benché il mondo stia entrando in un periodo di massima turbolenza, nessun aspetto di questa realtà è tra i temi della campagna elettorale presidenziale degli Stati Uniti. Il primo turno del processo elettorale, per il Partito Repubblicano, si è svolto il 15 gennaio nell’Iowa, dove i caucus sono stati vinti a mani basse da Donald Trump con il 51% dei voti, seguito da Ron de Santis al 21%, Nikki Haley al 19% e Vivek Ramaswamy al 7,7%.

In tutti i comizi tenuti in questi mesi nello Stato, non si è mai vista una discussione seria sulle soluzioni al pericolo per la pace mondiale rappresentato dalle guerre geopolitiche in Ucraina e a Gaza, ad eccezione di un occasionale riferimento di Trump che ha detto di poter “risolvere la situazione” grazie alla sua abilità di “negoziatore”. Il cartello mediatico ha svolto il suo lavoro di “istupidimento” degli elettori, concentrando il pubblico sul “gioco”, come se la scelta dei leader politici di una nazione fosse un evento super-sportivo: Trump “soddisferà le aspettative?”, “Chi arriverà secondo dietro Trump?”, ecc. Ciò che viene presentato come una prova di passione tra i candidati è chi sembra più capace di opporsi alla “cultura woke”, come se il problema principale che la nazione deve affrontare fosse rappresentato dalla partecipazione di uomini transgender che competono ingiustamente contro le donne nelle gare di nuoto.

Invece di coinvolgere gli elettori in un’intensa discussione sui principali eventi che stanno plasmando il futuro, si assiste ad una continua propaganda basata sui profili della politica identitaria, che suscita un interesse momentaneo con semplici slogan, ma che lascia gli elettori sonnambuli di fronte alla congiuntura strategica più profonda dalla Seconda Guerra Mondiale.

La ragione di questo scollamento dalla realtà è stata fornita inavvertitamente in un articolo di Politico, che ha documentato le spese dei “super PACS”, cioè dei comitati di azione politica che possono ricevere somme illimitate di denaro da individui e società. Queste istituzioni extra-statali, finanziate dalle principali corporations del “complesso militare-finanziario”, hanno versato 136 milioni di dollari nei caucus repubblicani dell’Iowa nel corso del 2023. La maggior parte di questi fondi è stata spesa in spot televisivi: I PACS di DeSantis sono in testa con oltre 30 milioni di dollari, seguono quelli di Nikki Haley con 28,7 milioni e quelli di Trump con 10,8 milioni.

Politico riferisce che questi organismi stanno sostituendo anche l’attività di base che un tempo veniva svolta dai comitati elettorali dei vari candidati, come l’organizzazione di campagne porta a porta ed eventi speciali. Quello che Politico non dice ai suoi lettori è perché ciò viene fatto: i super PACS usano i soldi per influenzare le campagne di entrambi i partiti, ed è per questo che sia i candidati repubblicani che quelli democratici sono in gran parte sostenitori della politica della guerra permanente.

Quest’anno non ci sono caucus democratici nello Iowa, poiché la dirigenza del partito ha decretato che non permetterà a nessuno di sfidare Biden. Alla faccia della “democrazia” americana.

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