Il disastro economico in Europa: la Russia non è il problema

L’11 ottobre, in occasione del Forum internazionale della Settimana dell’energia russa, Vladimir Putin non ha potuto fare a meno di ridicolizzare la politica energetica dell’Unione Europea. Il leader russo ha ribadito che Mosca è pronta a fornire in qualsiasi momento alla Germania e ad altri Paesi europei fino a 27,5 miliardi di metri cubi di gas naturale all’anno, pompati attraverso il gasdotto non danneggiato Nord Stream 2 (vedi SAS 42/23). La Germania, tuttavia, non ha accettato l’offerta, preferendo pagare di più per importare GNL dagli Stati Uniti, nonostante la crisi della propria economia.

“Credo che questo sia un comportamento economicamente dissennato”, ha commentato Putin. “È come se stessero intenzionalmente minando l’economia tedesca. Non capisco perché il gas possa essere fornito alla Germania attraverso il territorio dell’Ucraina, ma pensano che sia impossibile farlo attraverso il Nord Stream 2. Perché non possono offrire alla Polonia la possibilità di accedere al Nord Stream 2? Perché non possono offrire alla Polonia di aprire il gasdotto Yamal-Europa? Non lo capisco proprio”.

Nel corso del suo discorso, il Presidente russo ha inoltre commentato che “il moderno sistema politico [dell’Occidente] evidentemente a volte porta ai vertici persone non molto intelligenti”.

Contrariamente alla politica imposta da Bruxelles, Putin ha anche sottolineato che la priorità fondamentale della Russia è quella di garantire “un approvvigionamento sufficiente di combustibili e risorse energetiche all’interno del Paese”, migliorando al contempo le tecnologie utilizzate. In questo contesto, il governo ha già informato la conferenza delle Nazioni Unite sul clima (COP28) che non firmerà nessun documento per eliminare gradualmente i combustibili fossili.

Il tema del modello europeo è emersa anche al Valdai Discussion Club il 5 ottobre, quando Vladimir Putin è stato interpellato su un nuovo sistema monetario globale discusso dai BRICS e sull’uso delle valute nazionali negli scambi commerciali. Una moneta unica dei BRICS è possibile, ha detto, e “in teoria” è probabile. “Ma per iniziare a lavorarci, dobbiamo raggiungere una certa parità nello sviluppo delle economie degli Stati membri, una prospettiva molto lontana”.

Ha poi messo in guardia dal modello dell’Euro, in cui le valute nazionali dei 19 Paesi dell’Eurozona sono scomparse a favore di una moneta unica: “Come mi hanno detto i miei colleghi, nel corso del tempo l’Eurozona è passata alla moneta comune, l’Euro, senza pensare a come avrebbe funzionato in Paesi con un diverso livello di sviluppo economico, e sono emersi dei problemi. Perché dovremmo commettere lo stesso errore? La questione non è nemmeno all’ordine del giorno. Ma dovremmo migliorare l’intero sistema finanziario, sia la finanza globale che i rapporti finanziari all’interno dei BRICS e lavoreremo per questo”.

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