Gli elettori pakistani tentano di invertire il cambio di regime ordinato da Washington

Le elezioni nazionali dell’8 febbraio in Pakistan hanno visto una massiccia dimostrazione di sostegno per l’ex primo ministro Imran Khan, rimosso dal potere e imprigionato nel 2022 in un colpo di stato di fatto sostenuto dagli Stati Uniti e dalla NATO. Sebbene al partito di Khan, il Tehreek-e-Insaf (PTT), sia stato vietato di presentare liste, i candidati a lui fedeli presentatisi come indipendenti hanno conquistato il maggior numero di seggi: 97 su 265.  La Lega Musulmana del Pakistan (PPMLN) dell’ex Premier Nawaz Sharif, sostenuta dagli Stati Uniti, si è piazzata al secondo posto con 76 seggi, seguita dal Partito Popolare del Pakistan (PPP) presieduto da Bilawal Bhutto Zardari con 54 seggi e dal Muttahida Qaumi Movement (MQM) di Karaci con 17 seggi. I partiti minori e altri indipendenti hanno ottenuto 21 seggi.

No problem, dicono a Washington: Nawaz Sharif ha comunque dichiarato la vittoria. Tra le segnalazioni di irregolarità diffuse, continuano le risse in tribunale e in strada. Una delle irregolarità riguarda la chiusura di tutti i telefoni cellulari da parte del governo in vista delle elezioni, poiché il PTT dipendeva dalla possibilità di comunicare quali indipendenti fossero affiliati a loro. Quindi, anche se alla fine hanno vinto, il loro voto è stato comunque soppresso.

Il 9 febbraio, il Dipartimento di Stato americano ha rilasciato una dichiarazione leggermente preoccupata, ma ha comunque dichiarato che gli Stati Uniti contano di “lavorare con il prossimo governo”, che senza dubbio si aspettano sia una coalizione dei partiti di Sharif e Zardari.

Ricordiamo che, nell’aprile 2022, Imran Khan è stato rimosso da Primo Ministro del Pakistan con un voto di sfiducia. Gli è stata inflitta una condanna a dieci anni di carcere per aver pubblicato un cablogramma che l’ambasciatore del Pakistan a Washington aveva inviato a Islamabad nella primavera del 2022, dimostrando che gli Stati Uniti stavano spingendo per la sua rimozione perché non sufficientemente anti-Russia. Khan aveva anche mantenuto strette relazioni con la Cina, in particolare attraverso la promozione del Corridoio economico Cina-Pakistan.

Si pensava che i generali potessero portare il voto a Sharif, il che ha spinto Marvin Weinbaum, direttore degli studi sull’Afghanistan e sul Pakistan presso il Middle East Institute di Washington, a definire l’esercito “il grande sconfitto”. Ora il PPP dovrà decidere se unirsi a Sharif in un governo di coalizione. Il PPP è guidato da Bilawal Bhutto Zardari, figlio di Benazir Bhutto, il Primo Ministro assassinato nel 2007, e nipote di Zulfikar Ali Bhutto, rovesciato da un colpo di Stato militare e giustiziato dopo essere stato condannato per accuse infondate nel 1979. Anche se fosse in grado di formare un governo, Sharif dovrà affrontare potenziali disordini diffusi per la repressione di Imran Khan e dei suoi sostenitori. Inoltre, il nuovo governo dovrà affrontare i negoziati con il Fondo Monetario Internazionale per l’ultima tranche di un programma di salvataggio da 3 miliardi di dollari che promette un futuro a dir poco difficile per qualsiasi governo.

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