Si gioca una partita geopolitica

I grandi media, come il Washington Post, il New York Times o il Guardian, allineati con i guerrafondai in entrambi i partiti, sostengono che l’apparente disinteresse di Joe Biden per il Medio Oriente derivi dal fatto che egli è “impelagato negli affari interni” e nella continuazione della strategia asiatica di Obama.

Ma si tratta di un diversivo dal quadro strategico, che rivela come l’instabilità nell’intero scacchiere mediorientale – e quindi anche la questione israelo-palestinese – derivi dall’egemonia del pensiero geopolitico britannico nel definire la politica USA nella regione. Le “guerre infinite” lanciate a seguito degli attacchi dell’undici settembre negli USA sono la continuazione delle dottrine geopolitiche che hanno plasmato la regione sin dall’intervento britannico alla fine del XIX secolo. La recente distruzione dell’Iraq e della Libia, la continua pressione per il cambiamento di regime in Siria e Iran con l’uso di sanzioni micidiali e il sostegno al genocidio portato avanti dai sauditi in Yemen – pienamente appoggiato da Biden e dalla sua squadra di politica estera (con l’eccezione di un piccolo passo indietro nelle forniture militari all’Arabia Saudita) – sono coerenti con gli sforzi di Londra per impedire che nella regione emergano governi sovrani stabili.

La principale minaccia a queste forze di Londra e Washington proviene dalla prospettiva che Russia e Cina appoggino governi nazionali che rifiutino “l’ordine basato sulle regole” imposto dalla forza militare congiunta USA-UK-Nato. La Russia lo ha già fatto aiutando la Siria e la Cina potrebbe farlo economicamente, estendendo l’Iniziativa Belt and Road alla regione mediorientale come base per la ricostruzione. Finora Biden si è impegnato a mantenere lo “status quo”, non solo difendendo la politica guerrafondaia contro Siria e Yemen e appoggiando Israele e i Sauditi, ma anche muovendosi più aggressivamente per un cambiamento di regime in Russia e Cina.

Perciò, il tour mediorientale di Antony Blinken sembra più un’operazione di facciata che uno sforzo diplomatico mirante
ad un cambiamento di sostanza nelle politiche unilaterali di Washington e Londra. Nell’assenza di una rottura con la geopolitica e in mancanza di seri piani di sviluppo economico reale, il cessate il fuoco probabilmente durerà poco ed è pronta la miccia per una nuova esplosione.

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