Lo schema Biden-UE contro la Belt and Road non funzionerà

Il 18 novembre, Biden e la von der Leyen hanno riunito alcuni capi di Stato e di governo a  margine del G20 a Bali, per lanciare il piano anti-Belt and Road chiamato Partnership for Global Infrastructure Investment (PGII). Dietro il roboante annuncio di un piano da 600 miliardi di dollari, c’è solo aria fritta. Il PGII, come il suo predecessore europeo, il Global Gateway, o il Build Back Better statunitense, si basa sul presupposto fallimentare che il capitale privato possa essere mobilitato per finanziare investimenti infrastrutturali orientati al mercato e che ciò possa servire per competere con la Cina.

La scarsa attrattiva del PGII per i paesi emergenti è dimostrata dal fatto che l’India e l’Indonesia, paese ospitante, erano le uniche nazioni in via di sviluppo presenti all’incontro. Tra i membri del G7, l’Italia era assente, forse involontariamente.

“L’Occidente è da anni alle prese con un esercizio di costruzione di un brand. Mentre il piano della Cina si è rapidamente trasformato in acciaio e cemento, la risposta dell’Occidente alla Belt and Road Initiative cinese rimane vaga”, ha scritto Politico.

La Rete europea per il debito e lo sviluppo (Eurodad) ha pubblicato uno studio, basato su un’analisi dell’approccio del Global Gateway dell’UE, che dimostra che questo non funzionerà. Jean Saldanha, direttore di Eurodad, ha dichiarato che l’iniziativa Global Gateway, “come documentato nel nostro nuovo rapporto, non ha un chiaro mandato di sviluppo”. Il rapporto, intitolato “I vestiti nuovi dell’imperatore: cosa c’è di nuovo nel Global Gateway dell’Unione Europea”, evidenzia che “non sono stati stanziati nuovi fondi per il Global Gateway e che il suo approccio sembra essere un tentativo di riorganizzare piani già esistenti, il che solleva timori che le risorse per lo sviluppo, già scarse, vengano deviate”.

“Le politiche proposte nell’ambito del Global Gateway servono principalmente gli interessi del settore privato e mancano di un focus coerente sulla riduzione della povertà”, si legge nel rapporto. Il Global Gateway dell’UE si basa sul presupposto che mobiliterà, o farà leva, sulle risorse degli investitori privati. “L’interrogativo principale è: qual è il vero scopo del Global Gateway dell’UE? Si tratta di una nuova e coraggiosa strategia incentrata sulle esigenze dei partner globali, o si rivelerà poco più che i vestiti nuovi dell’imperatore?… La geopolitica del Global Gateway si basa sulla promessa di finanziare un’iniziativa qualitativamente superiore al BRI guidato dalla Cina… Sebbene i documenti ufficiali sul Gateway non menzionino esplicitamente la competizione con la Belt and Road Initiative cinese, le implicazioni sono chiare. La Commissione ha inquadrato il Gateway come un’iniziativa superiore, radicata nei valori democratici, in un approccio etico al finanziamento delle infrastrutture basato sulla sostenibilità e sulla buona governance”.

Il Global Gateway si basa sul piano della Commissione di “mobilitare” fino a 300 miliardi di euro tra il 2021 e il 2027 in investimenti infrastrutturali. Tuttavia, si suppone che ciò debba avvenire mobilitando o facendo leva su fondi privati. Allo stesso tempo, il denaro stanziato proviene da precedenti programmi dell’UE e quindi ciò “equivale ad un rebranding dei fondi di sviluppo”.

“L’obiettivo di mobilitazione del Gateway, pari a 300 miliardi di euro, si basa approssimativamente su un rapporto di leva finanziaria di 10. Ciò significa che, per ogni euro di finanziamento pubblico, 10 euro saranno mobilitati in finanziamenti privati. Questo importo si basa sulle attività dell’EFSD+, [Fondo Europeo per lo Sviluppo Sostenibile Plus] che sono ancora agli inizi e che sono state messe in discussione dalla Corte dei conti europea perché circondate da “molte speranze e aspettative, ma non molta realtà”.

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