Le elezioni di Midterm USA mettono a nudo il collasso del sistema

Concluse le elezioni di midterm negli USA, è bene mettere da parte la propaganda e le “analisi” dei media sulla “fine della democrazia” negli USA che, per i repubblicani, si riferiscono alla censura pervasiva nei confronti dei critici delle politiche del Partito Democratico e alle accuse di diffusi brogli elettorali che sarebbero stati operati con l’ausilio dalle macchine elettorali urbane del Partito Democratico, mentre per i democratici, riguardano la convinzione che l’assalto del 6 gennaio al Campidoglio, per protestare contro la certificazione della vittoria di Biden, configurasse “un’insurrezione”, che rifletteva i sentimenti antidemocratici, persino fascisti, che caratterizzerebbero i sostenitori di Trump nel movimento Make America Great Again (MAGA).

Questi discorsi non sono semplicemente retorica esagerata, ma un veleno iniettato nel processo elettorale. Tuttavia, scavando più a fondo, si scopre che qualcosa di molto più problematico ha influito sull’esito delle elezioni statunitensi. Si tratta dell’effetto a lungo termine tra gli elettori di una compiacenza mentale che, combinata con l’ignoranza della storia e dell’economia reale, aggravata da una raffinata “guerra ibrida o dell’informazione”, ha reso gli americani incapaci di affrontare il vero problema della nazione.

E questo problema è il crollo dell’ordine unipolare, basato sull’idea che l’America sia l'”unica superpotenza” del mondo. Il fatto che l’ordine unipolare stia crollando e che la maggior parte delle nazioni si stia muovendo verso una nuova architettura strategica e finanziaria non è stato affrontato da nessun candidato dei due principali partiti, che si sono concentrati principalmente su temi “identitari” e hanno ritratto gli avversari secondo profili modellati da ristretti interessi di parte. Si tratta di una sorta di forma locale di “geopolitica”, di divide et impera, di riduzione dell’attenzione degli elettori ad ambiti sempre più limitati, attraverso la demonizzazione gli avversari e la loro definizione come “minaccia al nostro stile di vita”.

Ma ciò che minaccia realmente il nostro stile di vita – il pericolo reale di una guerra nucleare tra gli Stati Uniti, insieme alla NATO, contro la Russia, l’aumento dell’inflazione e la scarsità di energia e di cibo – non è stato quasi menzionato durante la campagna elettorale, con l’eccezione dei due candidati indipendenti larouchiani, Diane Sare per il Senato a New York e Joel DeJean per un seggio alla Camera in Texas.

Nonostante che i sondaggi mostrassero che il 78% degli elettori fosse “insoddisfatto del funzionamento del governo” e un indice di disapprovazione per Biden del 58%, la tanto sbandierata “Onda Rossa”, ovvero la conquista del Congresso da parte dei Repubblicani, non si è materializzata. Con i voti non ancora completamente conteggiati, si prevede che il Partito Repubblicano abbia conquistato la Camera dei Rappresentanti con un piccolo margine, mentre che i Democratici abbiano mantenuto il controllo del Senato – ma senza che nessuno dei due partiti abbia il benché minimo piano per affrontare le profonde questioni che affliggono la nazione. Si è persa così un’importante occasione per portare gli elettori americani nel mondo reale, per affrontare la trasformazione in atto nel mondo, con rifiuto, da parte di un numero crescente di nazioni, dell’ordine basato sulle regole imposte dagli Stati Uniti e dalla NATO.

Una parte della colpa di tutto ciò è attribuita, anche da parte di molti repubblicani, a Donald Trump.  La sua insistenza sul fatto che la questione chiave delle elezioni di metà mandato dovesse essere la sua mancata rielezione nel 2020 a causa di brogli elettorali, ha ridotto molti candidati repubblicani a difendere l’ex presidente piuttosto che denunciare i fallimenti di Biden, espliciti nella politica di guerra contro la Russia e nel piano “Build-Back-Better”, una pericolosa ed insensata politica verde mascherata da piano anti-inflazione. Un editoriale del Wall Street Journal ha imputato a questa strategia la mancata capitalizzazione dell’impopolarità di Biden, affermando semplicemente che “il signor Trump ha sbagliato [strategia nel] le elezioni del 2022”.

Ma il problema della xenofobia degli elettori americani e della loro limitata capacità di attenzione è precedente a Trump. L’incapacità di riconoscere l’effetto del dominio della dottrina economica neoliberista e della propaganda dei falchi guerrafondai rende gli Stati Uniti suscettibili al tipo speciale di guerra dell’informazione diretta dall’impero britannico, per conto della City di Londra e degli interessi globali di Wall Street. Questa cecità è ciò che minaccia veramente quello che gli americani considerano erroneamente “il nostro stile di vita”.

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