Il sistema è giunto al limite

Mentre le banche centrali indicano ulteriori prossimi aumenti dei tassi, il sistema segnala di aver raggiunto una condizione limite, sia sui mercati azionari che in quelli obbligazionari. In una nota ai clienti, il capo della strategia equities della Morgan Stanley, Mike Wilson, ha dichiarato che l’attuale corsa dei valori azionari è come la “zona della morte” raggiunta dagli scalatori, dove si sente che non c’è abbastanza ossigeno. “Molti decessi in alta montagna sono stati causati dalla zona della morte, sia direttamente, con la perdita di funzioni vitali, sia indirettamente, per decisioni sbagliate prese sotto stress o incidenti provocati da indebolimento fisico”, ha scritto Wilson.

“Questa è una perfetta analogia di dove si trovano oggi gli investitori in azioni e, francamente, dove si sono trovati spesso nell’ultimo decennio”, ha aggiunto.

Tale “delirio speculativo” si basa sull’aspettativa che la Fed sarà costretta ad interrompere la politica di Stretta Quantitativa (QT) e abbassare i tassi, cosa che non è dietro l’angolo, dato che l’indice Core Price Inflation (CPI) è aumentato del 5,4% su base annuale in gennaio.

La Fed, infatti, ha deciso di rischiare il botto segnalando che l’ascesa dei tassi continuerà. L’ultima indicazione è venuta da Philip Jefferson, membro del Consiglio della banca. Secondo Bloomberg, Jefferson ha dichiarato che “le forze inflazionistiche che premono sull’economia americana attualmente rappresentano una miscela complessa di elementi temporanei e di più lunga durata che non trovano una spiegazione semplice… il continuo squilibrio tra domanda e offerta di lavoro, assieme all’alta quota di costi salariali nel settore dei servizi suggerisce che l’inflazione scenderà, ma lentamente”.

Precedentemente, il 16 febbraio, Loretta Mester, presidente della Fed di Cleveland, aveva dichiarato all’ultima riunione di essere a favore ad un aumento di mezzo punto. “Abbiamo bisogno di portare i tassi sopra il 5% e tenerli a quel livello per un certo periodo, in modo da avere un impatto sull’inflazione e avviarla su un sentiero sostenibile verso il 2%”.

In Europa, sia Christine Lagarde che Isabel Schnabel hanno promesso di fare la stessa cosa: “In vista delle pressioni inflazionistiche sottostanti, intendiamo alzare i tassi d’interesse di altri 50 punti base alla nostra prossima riunione in marzo, e valuteremo il percorso successivo della politica monetaria”, ha detto la Lagarde di fronte a una commissione del Parlamento Europeo il 15 febbraio. La Schnabel ha ripetuto la stessa cosa a Bloomberg il 17 febbraio.

L’impatto degli alti tassi d’interesse è forte soprattutto nel settore in via di sviluppo, dove ci avviciniamo allo scoppio di una crisi. Si prenda il caso dell’Argentina, dove i tassi della banca centrale sono saliti dal 35% di un anno fa al 75% odierno. Per una piccola o media impresa, tuttavia, i costi di finanziamento salgono a oltre il 300%, secondo fonti EIR. L’inflazione è ufficialmente al 99%, ma i prezzi sono saliti molto di più: in due settimane, le uova del 40%, il formaggio del 50% ecc.

Nel vicino Brasile, l’aumento dei tassi USA ha spinto quelli nazionali, dal 10,7% di un anno fa, al 14,75% di oggi. L’inflazione in febbraio era ufficialmente “solo” al 5,8%.

In Messico, i tassi sono saliti dal 6% all’11,25%, con l’inflazione al 7,9%.

In Nigeria, i tassi sono passati dall’11,5% al 17,5% in un anno, e l’inflazione è al 22%.

Nel tentativo illusorio di combattere un mostro che esse stesse hanno creato – l’inflazione – le banche centrali ne stanno creando molteplici, più minacciosi. Il sistema non può essere salvato dall’interno e deve essere sostituito con un nuovo sistema.

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