Il Congresso USA decide nuovamente di punire il popolo siriano

I terremoti di magnitudo 7,8 e 7,5 che hanno colpito la Turchia e la Siria il 6 febbraio, causando la morte di 6.000 siriani e di oltre 40.000 turchi, hanno nuovamente posto l’attenzione sull’intento omicida delle sanzioni economiche e finanziarie che Stati Uniti, Gran Bretagna ed Unione Europea hanno imposto alla nazione siriana dal 2019.

In quell’anno, in un atto punitivo contro il popolo siriano per non aver permesso alle forze sostenute dall’Occidente di vincere la guerra civile e non aver rovesciato il presidente Assad, il Congresso degli Stati Uniti approvò il Caesar Syria Civilian Protection Act, che fu firmato dal presidente Trump. Il provvedimento sanziona intenzionalmente qualsiasi individuo o gruppo che si impegni in attività economiche che sostengano in qualsiasi modo la ricostruzione della Siria dopo la guerra.

Benché, in seguito ai terremoti, il Dipartimento del Tesoro degli Stati Uniti abbia allentato alcune misure per facilitare gli sforzi di soccorso, le sanzioni sui trasporti per la consegna dell’assistenza, sui trasferimenti bancari e su tutte le operazioni effettuate da privati hanno di fatto impedito agli aiuti di arrivare alle popolazioni colpite. Il portavoce del Dipartimento di Stato, Ned Price, ha affermato che il “regime di Assad” ha danneggiato il popolo siriano “migliaia di volte di più” dei terremoti.

Subito dopo il disastro, lo Schiller Institute ha lanciato una campagna per chiedere al Congresso di revocare le sanzioni. Anche il Consiglio mondiale delle Chiese e l’Ufficio delle Nazioni Unite per i diritti umani ne hanno chiesto la sospensione.

Ma non il Congresso, che ha risposto alla mobilitazione approvando il 28 febbraio una mozione in cui si esprime solidarietà per le vittime dei terremoti e si sostiene l’impegno dei soccorsi, ma si conclude esortando l’Amministrazione Biden a “mantenere l’impegno per la protezione del popolo siriano, anche attraverso l’attuazione del Caesar Syria Civilian Protection Act del 2019”, cioè mantenendo tutte le sanzioni!

Ciò che la stragrande maggioranza degli americani ignora è che la parte nord-orientale della Siria rimane tuttora occupata da truppe statunitensi, che proteggono i curdi delle Forze Democratiche Siriane. Il capo degli Stati Maggiori riuniti Mark Milley ha fatto una visita a sorpresa a queste truppe il 4 marzo per riconfermare l’occupazione, nonostante essa costituisca una flagrante violazione dell’integrità territoriale siriana.

Si dà il caso che questa sia proprio l’area in cui si trova la maggior parte dei giacimenti petroliferi. Secondo il Ministero del Petrolio siriano, gli Stati Uniti e le altre forze di occupazione stanno rubando una media di 66.000 barili di petrolio al giorno, che costituiscono i quattro quinti dell’attuale produzione petrolifera del Paese. Quasi nessuna delle entrate viene mai ricevuta dal governo di Damasco!

Lo Schiller Institute si sta mobilitando a sostegno di un’altra mozione alla Camera, presentata dal deputato Matt Gaetz della Florida, che potrebbe essere sottoposta a votazione già questa settimana. La mozione prevede la rimozione di tutti i 900 membri delle Forze armate statunitensi ancora presenti in Siria.

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