Il Congresso del PCC: “Lo sviluppo della Cina deve restare in mani cinesi”

Il 16 ottobre, il Presidente Xi Jinping ha pronunciato un discorso molto atteso all’apertura del ventesimo Congresso del Partito Comunista Cinese, in cui ha passato in rassegna i risultati ottenuti negli ultimi cinque anni e ha tracciato il percorso da seguire per i prossimi cinque anni ed oltre. Dal precedente congresso la situazione internazionale si è fortemente aggravata, così come la determinazione da parte delle potenze anglo-americane ad impedire che la Cina diventi il principale produttore industriale del mondo. All’inizio di questo mese, l’amministrazione Biden ha pubblicato un’ulteriore lista di articoli ad alta tecnologia che le aziende statunitensi o i loro partner non possono consegnare alla Cina, in particolare nel settore dei semiconduttori. E appena una settimana fa ha pubblicato la nuova Strategia per la sicurezza nazionale, che definisce la Cina la principale minaccia e “l’unico concorrente con l’intento e, sempre più, la capacità di rimodellare l’ordine internazionale” (nella stessa frase viene menzionata la necessità di contenere “una Russia pericolosa”).

La dirigenza cinese, tuttavia, non sembra farsi scoraggiare da tali ostacoli. “Lo sviluppo della Cina deve rimanere nelle sue mani”, ha detto Xi ai 3000 delegati riuniti nella Grande Sala del Popolo, ed attenersi al percorso tracciato, anche se incontrerà “acque agitate e persino tempeste sulla strada da percorrere”.

Quanto al commercio internazionale, Xi Jinping ha sottolineato che la Cina continuerà ad aprire l’economia agli investimenti stranieri e che anche gli “alleati” degli Stati Uniti difficilmente cercheranno di “sganciarsi” dalla Cina. Sul piano interno, il governo sta attuando un programma rafforzato per lo sviluppo della scienza e della tecnologia, per “accelerare l’innovazione e migliorare la distribuzione delle risorse umane”.

Allo stesso tempo, i leader cinesi continuano ad invocare la cooperazione e il dialogo e a rifiutare la geopolitica tradizionale. Lo ha ribadito in una conferenza stampa del 15 ottobre il portavoce del Congresso, Sun Yeli, che ha rifiutato di accettare il presupposto che il conflitto tra Stati Uniti e Cina sia inevitabile.

Non abbiamo mai creduto alla cosiddetta “trappola di Tucidide””, ha dichiarato, riferendosi alla “teoria” secondo cui una volta che una potenza in ascesa diventa abbastanza forte, entrerà inevitabilmente in conflitto con la grande potenza egemone. Noi “ci opponiamo alla logica secondo cui un Paese forte è destinato a cercare l’egemonia. Non facciamo i prepotenti con gli altri, ma non permetteremo agli altri di fare i prepotenti con noi”.

Quanto al rapporto tra Stati Uniti e Cina, ha spiegato Sun, ci sono più interessi in comune che differenze, tra cui i rapporti economici e commerciali. Le due nazioni dovrebbero lavorare insieme per risolvere i problemi del mondo, che è ciò che la comunità internazionale si aspetta da loro, ha sottolineato.

Lo stesso Xi, nel presentare i piani di modernizzazione delle forze armate e di rafforzamento della sicurezza, ha sottolineato che “ci opponiamo a una nuova guerra fredda, ai due pesi e due misure e alle interferenze dall’estero, ma non lotteremo mai per l’egemonia”.

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