Fallimenti bancari: da “troppo grande per fallire” a… ancora più grande

Il primo maggio la FDIC, l’autorità di garanzia dei depositi USA, ha annunciato di aver raggiunto un accordo con la banca JPMorgan Chase per l’acquisizione di depositi e attivi della fallita First Republic Bank. La FRB è la terza vittima illustre della politica monetaria della Federal Reserve. Nel primo trimestre aveva perso cento miliardi di depositi in fuga e visto le azioni crollare da 120 a 8 dollari l’una. Il salvataggio era previsto, ma comunque si possono trarre alcune conclusioni:

JPMorgan era già la più grande banca americana e anche la più dissestata, ora è ancora più grande e ancora più nei guai. La tendenza già vista nel salvataggio/acquisizione di Credit Suisse è confermata: da “Too Big To Fail” (troppo grande per fallire) si passa ad “ancora più grande”.

Similmente al caso svizzero, ci sono garanzie pubbliche. La FDIC ha garantito una transazione “loss-shared” (condivisione delle perdite) degli attivi FRB a JPMorgan, stimando il costo dell’operazione in 13 miliardi di dollari – una cifra non credibile.

Col salvataggio di FRB, il sistema bancario USA ha il suo “Credit Suisse” cumulativo, in termini del volume aggregato degli attivi bancari salvati nelle ultime settimane: 550,8 miliardi di dollari (Silicon Valley Bank 211,8; Signature Bank 110 e FRB 229).

Il vero motivo dei salvataggi non è “salvare i depositi”, ma il tentativo di salvare i quattromila miliardi di esposizione in derivati delle banche “TBTF”.

Secondo una frase attribuita ad Einstein, la definizione di pazzia è: fare ripetutamente la stessa cosa aspettandosi un risultato diverso. A prescindere dall’autore, la definizione calza su ciò che le autorità finanziarie hanno fatto prima, durante e dopo la crisi del 2008. Perciò, aspettiamoci un peggioramento del problema, perché la soluzione non risiede nel sistema, ma è al di fuori di esso. In altre parole, il sistema della bisca finanziaria di Wall Street e della City di Londra deve essere chiuso e sostituito con un sistema creditizio che finanzi l’economia reale.

Il primo passo deve essere la separazione tra le banche commerciali (ordinarie) e quelle d’affari, lungo le linee del Glass-Steagall Act del 1933. La deputata statunitense dell’Ohio Marcy Kaptur, che aveva già presentato una proposta di legge a questo proposito nel 2009, ne ha ripresentata ora una simile al Congresso (cfr. SAS 17/23). Anche in Svizzera è ripartita l’iniziativa per la separazione bancaria dopo il disastro Credit Suisse, portata avanti dalle stesse forze che avevano già cercato di realizzarla dopo la crisi del 2008.

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