Svizzera: è ricominciata la battaglia per la separazione bancaria

Col governo uscito sconfitto dalla seduta congiunta straordinaria del Parlamento dall’11 al 13 aprile, in Svizzera è ripartita la battaglia per la riforma bancaria. Il Consiglio Nazionale (Nationalrat), la Camera bassa del Parlamento, ha bocciato il decreto con cui il governo ha salvato Credit Suisse, favorendone l’acquisizione da parte di UBS, motivando il voto con il rifiuto della dottrina TBTF (Too Big Too Fail) e con la richiesta di una riforma bancaria che comprenda la separazione tra banche commerciali e banche d’affari. Il Consiglio Nazionale ha anche richiesto che il governo (Bundesrat) si impegni a non usare più lo stato d’emergenza per giustificare i salvataggi bancari. Queste istanze sono state sostenute da una coalizione trasversale di socialisti (SP), popolari (SVP) e verdi.

Anche se la Camera alta, il Consiglio degli Stati (Ständerat) ha, come previsto, votato a favore del governo, è mancata la ratifica ufficiale, che esige il voto di entrambe le Camere. Così, il voto del Consiglio Nazionale è stato uno “schiaffo al governo”, come lo ha definito all’EIR un economista svizzero.

La sconfitta del governo avviene sull’onda di uno stato d’animo diffuso nella popolazione svizzera, che in grande maggioranza condanna la fusione CS-UBS, che ha dato vita a una banca ancora più gigantesca, ancora più instabile e più TBTF. Il governo e la Banca Nazionale (banca centrale) hanno imbastito una rete di salvataggio di oltre 250 miliardi di euro tra crediti e garanzie per la nuova megabanca sostenute da accordi di swap in dollari con la Federal Reserve americana, nella speranza che ciò basti a coprire l’esposizione verso le banche americane e ad evitare il contagio.

Si stima che i titoli tossici in pancia a CS-UBS ammontino dagli 80 ai 100 miliardi di euro, ma in realtà nessuno ne conosce la vera entità. La maggior parte dei contratti derivati delle due banche sono stati stipulati fuori bilancio, con banche americane come controparti. La storia non finisce qui, anzi, è appena cominciata. Si è sgretolato un orlo della bolla mondiale dei derivati valutata in milioni di miliardi di dollari.

Tornando alla Svizzera, il governo ha usato lo stato d’emergenza per scavalcare il Parlamento e rendere i decreti irreversibili. Tuttavia, la battaglia per la riforma bancaria sarà uno dei temi principali della campagna elettorale per il rinnovo del Parlamento. Si voterà il 22 ottobre. Sarà difficile ribaltare i rapporti di forza, sfavorevoli alla riforma, nel Consiglio degli Stati, che già nel 2014 bocciò la legge di separazione bancaria votata dal Consiglio Nazionale, ma la pressione popolare può influenzare una svolta politica tra membri dei partiti – liberali e centristi – che si oppongono alla separazione.

In questo contesto, il fondatore dell’SVP Christoph Blocher ha annunciato un’iniziativa di legge referendaria (comune in Svizzera), per introdurre la separazione bancaria.

“Temo”, ha detto Blocher in un’intervista al Tagesanzeiger del 12 aprile, “che si ripeta ciò che è accaduto dieci anni fa e che, alla fine, governo e Parlamento non riusciranno a produrre una regolamentazione efficace”. Dieci anni fa SVP e SP avevano assieme stilato una legge per la separazione bancaria che fu approvata dal Consiglio Nazionale, ma respinta dal Consiglio degli Stati.

Ora il SVP presenterà una mozione e, se verrà respinta, organizzerà un referendum, ha detto Blocher. “Tutte le banche sistemicamente rilevanti devono essere riorganizzate, in modo tale che possano fallire senza trascinarsi dietro l’economia nazionale in Svizzera e altrove”.

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