Milei canta mentre l’Argentina brucia

La mattina del 23 settembre Javier Milei, l’autoproclamato “anarco-capitalista” che ricopre la carica di presidente argentino, è salito sul podio della Borsa di New York per suonare maniacalmente la campanella che avrebbe aperto la seduta del giorno. Poco prima aveva incontrato un gruppo di investitori della città di New York per assicurarli che intensificherà le politiche malthusiane imposte a partire dal suo insediamento lo scorso dicembre, politiche che stanno spopolando e deindustrializzando un Paese con il più alto tasso di alfabetizzazione dell’Iberoamerica, con una manodopera altamente qualificata e con un’infrastruttura scientifica e tecnologica di alto livello.

Il suo obiettivo, ha dichiarato, sarà quello di mantenere il percorso di riduzione del deficit (una richiesta chiave del FMI), ridurre l’inflazione e, infine, raggiungere il pareggio di bilancio, il tutto a spese delle attività produttive del Paese e del tenore di vita della popolazione. Se l’Argentina si fosse unita ai BRICS il 1° gennaio 2024, dopo essere stata invitata a farlo durante il vertice del 22-24 agosto 2023 a Johannesburg, avrebbe avuto la possibilità di iniziare a uscire dalla crisi economica e della morsa del debito, attraverso nuovi accordi di cooperazione economica, finanziamenti della Nuova Banca di Sviluppo, apertura di nuovi mercati, ecc.

Milei ha rifiutato l’invito, allineandosi invece con Washington e con la NATO, e imponendo violentemente le politiche economiche della “Scuola Austriaca” di Friedrich von Hayek. La povertà nel Paese sfiora il 60% (era al 44% quando Milei assunse la carica). Per il primo trimestre del 2024, l’UNICEF ha previsto che la povertà infantile in Argentina raggiungerà il 70%, rispetto al 57% dell’ultimo trimestre del 2023. Milei ha anche punito i pensionati, ponendo il veto a una legge che avrebbe aumentato le pensioni. Le politiche del governo hanno causato la chiusura di oltre 10.000 piccole e medie imprese, la cancellazione di tutti i progetti infrastrutturali gestiti dallo Stato e l’attacco al programma di energia nucleare.

Un amico di lunga data dello Schiller Institute e dell’Organizzazione LaRouche ha riferito il 9 settembre che il governo argentino “è finito, in guerra con il suo stesso popolo”. Milei è “disperato”, ha continuato, incapace di ottenere finanziamenti da qualsiasi istituzione finanziaria straniera, compreso il FMI, e in possesso solo di una scarsissima disponibilità di dollari. Nei nove mesi di governo, ha proseguito, il Presidente libertario ha dimostrato di odiare il genere umano. In nome della “libertà”, ha tagliato i bilanci di ogni ente o istituzione statale che si occupi di previdenza, sanità, istruzione e diritti dei lavoratori.

Il fatto che Milei abbia preso di mira l’industria nucleare, che per gli argentini è una questione di sovranità nazionale, è coerente con la sua visione. All’inizio di settembre, le autorità della Commissione Nazionale per l’Energia Atomica (CNEA) hanno annunciato l’arresto della costruzione del prototipo CAREM-25, un piccolo reattore nucleare modulare da 25 MW, attesa per una data tra il 2028 e il 2030. Completato quasi all’85%, il CAREM-25 è stato motivo di enorme orgoglio per il programma nucleare nazionale, perché è stato progettato e costruito con tecnologia argentina al 100% e aveva un grande potenziale di esportazione verso altri Paesi in via di sviluppo. Si dice che Milei stia valutando anche la possibilità di privatizzare i tre reattori nucleari argentini in attività.