Londra pianifica un secondo fronte nei Balcani

All’inizio di agosto la deflagrazione del conflitto latente al confine tra Serbia e Kosovo è stata temporaneamente disinnescata quando il governo di Pristina, dietro pressioni dell’UE e di Washington, ha rimandato di un mese l’applicazione delle regole sulle targhe automobilistiche per i serbi. Tuttavia, i Balcani rimangono una polveriera pronta a esplodere e qualcuno sta versando benzina sul fuoco.

Mentre molti collegano l’aumento delle tensioni tra Serbia e Kosovo alla visita del Presidente e del Primo ministro kosovari negli Stati Uniti il 26 luglio (l’ex inviato di Trump nei Balcani Richard Grenell ha dichiarato che hanno avuto il via libera da Washington), è importante considerare il ruolo di Londra nel tentativo di aprire un secondo fronte bellico in Europa che coinvolgerebbe direttamente la NATO e la Russia.

Lo stesso Ministro della Difesa britannico, Ben Wallace, ha fatto riferimento alla particolare attenzione ai Balcani contenuta nel nuovo Integrated Review and Defence Command Paper, pubblicato nel marzo 2021, in occasione di una visita ufficiale a Belgrado il 18 giugno scorso. Il documento parla di impegno a lavorare assieme ai governi dei Balcani occidentali, naturalmente “per promuovere la pace e la sicurezza internazionali”.

Londra si concentra sui due principali punti caldi, la Bosnia e il Kosovo, dove si schierano esplicitamente e in modo provocatorio contro la minoranza serbia, perché filo-russa e filo-cinese. Va notato che mentre gli Stati Uniti hanno sanzionato unilateralmente Milorad Dodik, il serbo membro della Presidenza tripartita della Bosnia, i britannici si sono spinti più in là e hanno sanzionato anche Zeljka Cvijanovic, Presidente della Republika Srpska, l’entità serba in Bosnia. L’UE non ha sanzionato nessuno dei due.

Secondo un’analisi pubblicata in un articolo filo-NATO e filo-britannico sul sito Nord-macedone Slobodenpecat.mk, il Regno Unito considera troppo equivoca la politica statunitense e europea nei Balcani ed è disposto a calpestare gli accordi di Dayton che posero fine alla guerra nei Balcani. Lo ha dichiarato esplicitamente Liz Truss, il ministro degli Esteri favorito per diventare Prime minister, il 26 maggio di fronte a un pubblico di militari bosniaci, appoggiandone la posizione anti-serba. L’autore scrive che se i bosniaci rafforzeranno la cooperazione militare con il Regno Unito, questo “influenzerà il punto di vista della Casa Bianca” e conclude che “il potente impegno” di Londra nei Balcani occidentali e in Bosnia “posiziona unicamente il Regno Unito come il fattore decisivo per impedire la prossima grave crisi di sicurezza del continente”. Si tolga la parola “impedire” e ci si avvicinerebbe alla verità.

Tornando al Kosovo, il 7 giugno, prima di recarsi a Washington, il Primo ministro kosovaro Albin Kurti si è recato in Gran Bretagna, dove ha incontrato tra gli altri Liz Truss.

In questo contesto, l’ex capo di stato maggiore dell’Aeronautica gen. Leonardo Tricarico ha lanciato un monito alla NATO, che mantiene un contingente di peace keeping in Kosovo, la KFOR, su mandato ONU. Le mine vaganti ci sono sempre state, afferma Tricarico in un’intervista a formiche.net, ma la differenza oggi è “lo sfondo internazionale nel quale si collocano, caratterizzato dalla guerra in Ucraina. Non sono tempi ordinari. Inoltre, sappiamo benissimo che i serbi godono dell’appoggio di Mosca, così come il Kosovo, in quanto luogo dove si svolge un’operazione Nato, si sente altrettanto a suo agio con l’Alleanza Atlantica alle sue spalle. Ecco, dunque, che ci ritroviamo nella stessa contrapposizione Nato-Russia. E questa tensione potrebbe fare riscontro con la guerra in Ucraina. Così come potrebbe avere un’eco anche in altre regioni dove questa contrapposizione si sta strutturando, come uno sciame sismico che segue al terremoto primario.”

Per evitare una deflagrazione, è “necessario fare un richiamo fondamentale a quanto sancito dall’articolo 1 del Trattato dell’Atlantico del Nord, che fino ad adesso è stato letteralmente calpestato. L’articolo stabilisce che i Paesi membri della Nato devono cercare di comporre con mezzi pacifici le controversie internazionali nelle quali potrebbero essere coinvolti. Ecco, per il teatro serbo-kosovaro il richiamerei il rispetto di questo concetto fondante del nostro vivere insieme all’interno dell’Alleanza Atlantica. Quindi guai a promuovere un’escalation dopo aver esibito muscoli come successo in Ucraina”.

L’Italia fornisce il contingente più numeroso della missione KFOR; in questo senso Roma potrebbe svolgere un ruolo di mediazione, ma purtroppo non c’è un esecutivo nel pieno delle sue funzioni, osserva con rammarico l’alto ufficiale italiano.

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