Le lezioni di Rabin, Arafat e degli accordi di Oslo
Il 4 novembre 1995, mentre lasciava una grande manifestazione per la pace, a sostegno degli accordi di Oslo che aveva firmato con Yasser Arafat due anni prima, fu assassinato a Tel Aviv il Primo Ministro israeliano Yitzhak Rabin. L’assassino era stato spinto da un clima di odio verso Rabin e gli accordi, clima creato da Benjamin Netanyahu e dai suoi alleati tra i sostenitori estremisti del movimento “Grande Israele”. Netanyahu si è poi vantato: “Ho di fatto messo fine agli accordi di Oslo”.
È fondamentale esaminare il cambiamento di mentalità che portò al processo di pace di Oslo, per capire come si possa arrivare alla pace nonostante un ciclo di violenza che dura da oltre 75 anni.
La carriera militare di Rabin fu plasmata dall’impegno per la sicurezza di Israele, una sicurezza basata sulla costruzione di una superiorità militare schiacciante sia verso la popolazione palestinese che sui vicini arabi. Egli comandò le Forze di Difesa Israeliane (IDF) che conquistarono Gerusalemme, la Cisgiordania, le alture del Golan e Gaza durante la guerra dei Sei Giorni del 1967. Come Ministro della Difesa, durante la prima Intifada dei palestinesi nel dicembre 1987, per reprimere la rivolta ordinò all’IDF di usare la violenza, di demolire le case e di espellere i dimostranti. Ma si rese conto che queste tattiche non avrebbero portato a una risoluzione pacifica. Scrive la moglie Leah, nella sua autobiografia intitolata “Rabin: Una Vita Insieme”: “L’Intifada rese del tutto evidente… che Israele non poteva governare un altro popolo”. Divenne chiaro “che a lungo termine solo una soluzione politica avrebbe potuto avere successo”.
L’opportunità si presentò dopo l’elezione di Rabin a Primo Ministro nel 1992. Egli propose di concedere l’autogoverno palestinese, di coinvolgere i rappresentanti palestinesi nei negoziati diretti e di congelare gli insediamenti nei territori occupati.
Avviò anche colloqui segreti che produssero gli Accordi di Oslo, che avevano due allegati economici cruciali. Questi prevedevano la cooperazione su progetti di sviluppo reciprocamente vantaggiosi riguardanti acqua, energia, trasporti e produzione industriale. Arafat ribadì l’impegno a rinunciare al terrorismo e a riconoscere Israele, il che condusse alla stretta di mano tra Rabin e Arafat durante la cerimonia di firma alla Casa Bianca il 13 settembre 1993, alla presenza del Presidente Bill Clinton.
Durante quell’incontro, Rabin dimostrò la qualità di statista necessaria per porre fine ad una guerra prolungata. Disse: “Lasciatemi dire a voi, palestinesi, che siamo destinati a vivere insieme sullo stesso suolo nella stessa terra. Noi, soldati tornati da battaglie macchiate di sangue; noi che abbiamo visto i nostri parenti e amici uccisi sotto i nostri occhi; noi che abbiamo assistito ai loro funerali e non possiamo guardare negli occhi i loro genitori; noi che veniamo da una terra in cui i genitori seppelliscono i loro figli; noi che abbiamo combattuto contro di voi, i palestinesi; noi vi diciamo oggi a voce alta e chiara: basta sangue e lacrime. Basta”.
Arafat rispose affermando: “Il mio popolo spera che questo accordo, che firmiamo oggi, inauguri un’era di pace, di coesistenza e di pari diritti”.
Sempre alla Casa Bianca, il 25luglio 1994, Rabin firmò un trattato di pace con il re Hussein di Giordania e identificò ciò che è necessario per promuovere la pace: “Se brinderò, lo farò per coloro che hanno il coraggio di cambiare gli assiomi, di superare i pregiudizi, di cambiare le realtà, e per coloro che lo rendono possibile. L’Chaim”.
Purtroppo, la promessa degli accordi di Oslo non è mai stata realizzata. I fondi raccolti per avviare i progetti comuni delineati nei due allegati economici furono bloccati dalla Banca Mondiale e Rabin fu ucciso dalla pallottola di un assassino. Il ruolo di Netanyahu nel minare il processo di Oslo durante il suo mandato, dal giugno 1996 al luglio 1998, è ben documentato. Dal 2009 è stato sempre a capo del governo, a parte diciotto mesi, ed ha ripetutamente minato qualsiasi prospettiva di negoziato con i palestinesi.