IPCC: un rapporto sul clima pieno di congetture e contraddizioni

I media di tutto il mondo hanno presentato le recenti alluvioni e i boschi in fiamme come prova che il clima “è impazzito”, anche se è noto che tali incendi sono spesso appiccati da piromani e che le inondazioni sono spesso dovute alla mancanza di infrastrutture. Tuttavia, tali disastri, insieme al recente rapporto del Gruppo intergovernativo sui cambiamenti climatici (IPCC), vengono utilizzati dall’establishment politico per promuovere la cosiddetta “decarbonizzazione” (vedi SAS 32/21). Il rapporto dell’IPCC, nonostante il titolo (The Physical Science Base), non è basato sulla scienza ma su dogmi non dimostrati.

Per esempio, il rapporto riconosce che “Durante il 2020, la pandemia di COVID-19 ha portato a un rapido e temporaneo calo delle emissioni di CO2 fossile, stimato intorno al 7% su scala globale. “Le emissioni globali giornaliere di CO2 da fonti di combustibili fossili hanno avuto un calo massimo del 17% all’inizio di aprile, rispetto ai livelli medi del 2019.” (https://www.ipcc.ch/report/ar6/wg1/downloads/report/IPCC_AR6_WGI_Full_Report.pdf).

Si tratta di una quantità enorme, se si considera che storicamente le emissioni umane di CO2 non sono mai diminuite a livello globale, ma piuttosto, nonostante l’accordo di Parigi, sono aumentate fino ad oggi. Se la teoria dell’origine umana del riscaldamento globale fosse corretta, il drastico calo delle emissioni durante i lockdown avrebbe dovrebbe avere un effetto positivo sulle temperature globali, ma così non è stato.

Così, l’IPCC ha trovato una “formula magica” per difendere la propria teoria, anche se l’evidenza empirica la contraddice. L’argomentazione è questa: “Le riduzioni a breve termine delle emissioni di CO2, come durante la pandemia COVID-19, non hanno effetti rilevabili né sulla concentrazione di CO2 né sulla temperatura globale. Solo riduzioni sostenute delle emissioni per decenni avrebbero un effetto diffuso in tutto il sistema climatico”.

In altre parole, è tutta una questione di fede: “Abbiate fede e sarete salvati”. Nei prossimi trent’anni, il mondo dovrebbe accettare di tornare all’età della pietra per poi constatare che è stato tutto inutile. Si passerà poi ai sacrifici umani?

Il vero scopo della falsa scienza diffusa dall’IPCC “è diffondere panico, da monetizzare o in denaro sonante o in carriere politiche o, per alcuni, in altrimenti improbabili carriere accademiche”, ha commentato Franco Battaglia sul quotidiano italiano La Verità. Battaglia è docente di fisica chimica all’Università di Modena e ha parlato a un webinar dello Schiller Institute sui cambiamenti climatici il 24 luglio (https://schillerinstitute.com/blog/2021/07/15/conference-there-is-no-climate-emergency-apply-the-science-and-economics-of-development-to-stop-blackouts-and-death).

Egli ricorda che mille scienziati hanno recentemente firmato una petizione al Segretario Generale dell’ONU intitolata “Non esiste alcuna crisi climatica”. Ma sono stati “ignorati dall’universo mondo politico e mediatico, che sembra preferire pendere dalle labbra dell’illustre scienziata Greta Thunberg”.

Un altro recente documento, prodotto da ventitré scienziati di quattordici paesi, confuta le conclusioni dell’IPCC in quanto ignorano l’impatto dell’attività solare (http://www.raa-journal.org/raa/index.php/raa/article/view/4906).

Recensendo lo studio su RT, Norman Lewis afferma che “La scienza del cambiamento climatico – che dovrebbe essere un campo di aperta peer-review – è stata trasformata in un campo ristretto di consenso religioso. È diventata una barriera alla scienza stessa. Non c’è dubbio che il cambiamento climatico sia reale, ed è un problema che l’umanità deve affrontare. Ma il fatto che sia un problema non significa che stiamo affrontando un’apocalisse”.

Tuttavia, prosegue Lewis, le conclusioni del rapporto IPCC “sono dogmatiche e (…) si basano su ricerche parziali, scelte per sostenere una narrazione misantropica predeterminata”.

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