Il vertice Biden-Putin segna un passo avanti

Nei giorni precedenti al vertice del 16 giugno tra Biden e Putin non occorreva essere pessimisti per temere che il treno stesse per deragliare. I toni delle dichiarazioni americane sulla Russia, specialmente quelli usati dal segretario di Stato e dello stesso Presidente USA, continuavano a criminalizzare Putin e a descrivere la Russia come stato autocratico dalle “malvagie intenzioni” nei confronti delle “democrazie”, dedito alla missione di distruggere l‘“ordine basato sulle regole”.

Nelle discussioni del G7 e del vertice Nato i capi di stato e di governo si sono sforzati di mostrare un fronte unanime nella condanna della “minaccia russa” e della “sfida sistemica” della Cina (cfr. SAS 24/12). Sono state annunciate nuove sanzioni per punire le due nazioni, colpevoli di non voler cedere sovranità. Il massimo che si può sperare, ripetevano Biden e Blinken, è una “relazione stabile e prevedibile”.

Ma evidentemente, fuori della bolla del consenso ufficiale stava succedendo qualcosa. Il pericolo di scontro su Ucraina e Taiwan – con rischio nucleare connesso – e la fragilità del sistema finanziario occidentale, minacciato da crescenti bolle di debito ed espansione monetaria iperinflazionistica, hanno generato dissenso all‘interno del “club”, con almeno Germania, Francia e Italia poco entusiaste dello scontro geopolitico con Mosca e Pechino.

Anche se l‘escalation retorica contro i due Paesi non è cessata, si può concludere che negli incontri bilaterali sia avvenuta qualche presa di coscienza sulla necessità di un cambiamento nei rapporti. Il 19 maggio, il ministro degli Esteri russo Lavrov e il collega americano Blinken hanno avuto un incontro “cordiale e produttivo” a Reykjavic, senza dubbio facilitato dalla decisione USA di non applicare sanzioni sulle principali imprese coinvolte nella costruzione di Nord Stream 2 e sui loro dirigenti. Successivamente si è tenuto un incontro tra il segretario del Consiglio di Sicurezza russo, Nikolai Patrushev, e il consigliere per la sicurezza nazionale USA Jake Sullivan.

Degne di nota sono le dichiarazioni pubblicate all‘inizio di giugno da due organizzazioni di cui fanno parte funzionari di alto livello politico, militare e diplomatico in occidente e in Russia: l‘Euro-Atlantic Security Leadership Group e il Comi tato Americano per l‘Accordo USA-Russia. Entrambe le dichiarazioni fanno riferimento al vertice tra Ronald Reagan e Mikhail Gorbaicov del 1985, in cui i due concordarono che “una guerra nucleare non può essere vinta e non deve essere mai combattuta”.

Il fatto che una frase con queste esatte parole compaia nel comunicato del vertice Putin-Biden segnala come entrambi i leader abbiano voluto fare un passo indietro e allontanare lo spettro di uno scontro nucleare che aleggiava minaccioso.

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