Il potere finanziario dietro al movimento ambientalista: il caso della Germania

La protesta ambientalista in Germania, paese che traina la cosiddetta “transizione verde” in Europa, non è più composta da cittadini preoccupati per acqua e aria punita, ma da istituzioni che ricevono enormi finanziamenti da ricche fondazioni familiari e dallo stesso governo. I loro rappresentanti siedono al tavolo dei consigli consultivi del governo, al contrario dei rappresentanti delle grandi industrie che sono le più colpite dalle leggi “ambientali”. Una lunga e dettagliata denuncia dei potenti gruppi di pressione che lavorano a stretto contatto con il governo tedesco sui disegni di legge relativi a industria, energia ed agricoltura è stata pubblicata nel numero del 25 aprile di Welt am Sonntag, con il titolo “I Golia per il clima”.

Alcuni esempi: nel periodo 2020-2023, la NABU, una ONG ambientalista, riceverà circa 47 milioni di euro di fondi governativi; l’Istituto di ricerca sull’impatto climatico di Potsdam oltre 25 milioni; il WWF oltre 16 milioni; il Consiglio sul clima Mercator oltre 5 milioni; l’associazione di protezione della natura BUND 7,5 milioni; e il team Climate Analytics 1,6 milioni. Inoltre, il think tank Agora Energiewende riceverà quasi 2 milioni di euro dal Ministero dell’Ambiente.

A questo si aggiungono importanti finanziamenti internazionali: le fondazioni familiari Hewlett e Rockefeller finanziano la European Climate Foundation dell’Aia, che svolge un ruolo chiave tra l’UE e i governi nazionali, in particolare quello di Berlino. Direttore della ECF fino al 2018 è stato Caio Koch- Weser, già alla Banca Mondiale, poi assistente del ministro delle finanze tedesco e vicepresidente della Deutsche Bank, una persona profondamente inserita nell’élite finanziaria internazionale. Anche la Fondazione Mercator finanzia l’ECF. In termini di attivisti di strada, il movimento Fridays for Future riceve fondi, tra gli altri, dal Climate Emergency Fund degli Stati Uniti.

Non si tratta solo di energia o di “salvare il clima”. In Germania c’è una spinta concertata per assicurare che il prossimo governo tedesco sia guidato da un cancelliere del Partito Verde.

Ad alimentare questa spinta per un “cambio di regime” è una sentenza della Consulta tedesca a favore dei ricorsi costituzionali presentati da vari gruppi ambientalisti, tra cui il movimento Fridays for Future. I querelanti sostengono che le misure previste dalla legge sulla protezione del clima del 2019 non sono sufficienti. La legge richiede alla Germania di ridurre le emissioni di gas serra del 55% entro il 2030, rispetto ai livelli del 1990, ma non specifica quali misure debbano essere prese in seguito per raggiungere l’obiettivo dichiarato di emissioni quasi zero entro il 2050. Secondo la sentenza della Corte, ciò pone un onere inaccettabile sulle generazioni future, violandone così la libertà garantita dalla Costituzione.

In risposta, il governo ha prontamente promesso di correggere la legge prima delle elezioni politiche del 26 settembre. Questo ha dato una forte spinta ai Verdi, come si riflette negli ultimi sondaggi di opinione che li vedono in leggero vantaggio sulla CDU-CSU.

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