Il ministro degli Esteri del Sud Africa a Washington: “faremo le cose a modo nostro”

La scorsa settimana il Segretario di Stato americano Antony Blinken è partito per un tour in Africa con l’obiettivo dichiarato di contrastare le influenze russa e cinese nel continente. L’8 agosto, mentre si trovava in Sudafrica, il capo della diplomazia americana ha pontificato sulla necessità di rompere chiaramente con la Russia per l'”invasione” dell’Ucraina e di guardarsi dalle “trappole del debito” della Cina, invitando gli africani a “difendere le regole del sistema internazionale” – intendendo ovviamente il sistema mondiale transatlantico.

Ma il suo omologo, il Ministro degli Esteri sudafricano Naledi Pandor, ha chiarito che non prende ordini da alcuno. Durante la conferenza stampa congiunta, con Blinken seduto accanto a lei, ha detto senza mezzi termini: “Una cosa che non mi piace affatto è che mi venga detto ‘scegli questo o altrimenti’ (…) Non mi farò assolutamente intimidire in questo modo, né mi aspetterei che qualsiasi altro Paese africano degno di questo nome accettasse di essere trattato così”.

Oltre al rifiuto del Sudafrica di aderire a blocchi geopolitici, la Pandor ha toccato tre questioni chiave. In merito alla Cina e all’Africa, ha dichiarato: “(Tutti) i Paesi sono liberi di stabilire rapporti con altri Paesi. I Paesi africani che desiderano avere rapporti con la Cina, che lo facciano, qualunque sia la forma particolare dei rapporti in questione. Non possiamo essere coinvolti in un conflitto tra Cina e Stati Uniti d’America… e aggiungo che questo provoca instabilità per tutti noi, perché influisce sul sistema economico globale”.

Quanto al tema della “democrazia” posto da Blinken, una delle quattro priorità della “Strategia subsahariana” di Joe Biden insieme all'”energia verde”, la Pandor ha raccomandato: “Se la vostra tattica è quella di avvicinarvi ai Paesi africani e dire: ‘Ascoltate, dovete essere democratici… e usare il nostro modello, funziona’, penso che sia destinata al fallimento”.

La Pandor si è anche pronunciata contro l'”apartheid” in cui sono costretti a vivere i palestinesi, come esempio del doppio standard spesso utilizzato da coloro che affermano di difendere i principi della Carta delle Nazioni Unite: “Così come il popolo ucraino merita il suo territorio e la libertà, anche il popolo palestinese merita il suo territorio e la libertà. E dovremmo essere ugualmente preoccupati per ciò che sta accadendo al popolo palestinese, così come lo siamo per ciò che sta accadendo al popolo ucraino”.

A proposito di due pesi e due misure, il capo della politica estera dell’UE Josep Borrell non si fa scrupoli ad applicarli. In un’intervista rilasciata l’11 agosto a El Pais ha ammesso che le condizioni a Gaza sono scandalose, ma ha definito il sostegno a Kiev contro Mosca un “imperativo morale”. Interrogato sulla differenza, ha spiegato: “Siamo spesso criticati per i due pesi e due misure. Ma la politica internazionale consiste in larga misura nell’applicare due pesi e due misure. Non usiamo gli stessi criteri per tutti i problemi”.

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