Il “culto dell’Apocalisse” e i sindacati: si prepara lo scontro nel Regno Unito

Di fronte all’inflazione a due cifre e all’aumento astronomico del costo della vita, il Regno Unito sta affrontando un autunno molto caldo sotto la guida di quello che alcuni investitori chiamano un “culto dell’Apocalisse”. Il 23 settembre, il ministro del Tesoro Kwasi Kwarteng e la Premier Liz Truss hanno annunciato il “mini bilancio” del governo, che comprende un taglio delle tasse per i ricchi, che ridurrà di 45 miliardi di sterline le entrate pubbliche, e un programma per salvare le compagnie energetiche, mentre prevede di prendere in prestito ulteriori 411 miliardi di sterline nei prossimi cinque anni per finanziare la “crescita”. Non viene indicato come verrà finanziato il piano energetico, che secondo loro, ottimisticamente, costerà 60 miliardi.

L’annuncio ha provocato il crollo immediato della sterlina, che ha raggiunto quasi la parità con il dollaro. Molti nella City ipotizzano che la valuta britannica potrebbe scendere al di sotto della parità entro la fine dell’anno. Al contempo, i rendimenti dei titoli di Stato sono saliti a livelli mai visti dalla crisi finanziaria del 2008.

Ciò ha portato Paul Donovan, economista capo di UBS Global Wealth Management, a commentare nel suo blog il 26 settembre: “I rendimenti dei titoli di stato dei paesi industrializzati non dovrebbero salire alle stelle come sono aumentati i rendimenti dei gilt britannici. Questo ricorda anche agli investitori che la politica moderna produce partiti più estremisti del consenso degli elettori o degli investitori. Gli investitori sembrano inclini a considerare il Partito conservatore britannico come un culto dell’Apocalisse”.

Stando ai media britannici, la Banca d’Inghilterra potrebbe intervenire con un nuovo aumento dei tassi di interesse dopo quello, deciso meno di una settimana fa, che li ha portati al 2,25%.

Oltre agli scioperi, (vedi SAS 38/22), i sindacati britannici stanno tentando di presentare le proprie proposte. Il Trade Union Congress ha chiesto la creazione di una società energetica nazionalizzata che potrebbe far risparmiare ad ogni famiglia britannica fino a 4.400 sterline all’anno, fornendo al contempo al governo tra i 63 miliardi e i 122 miliardi di sterline di entrate nei prossimi due anni. In un rapporto del 24 settembre, il TUC dimostra che un “ente energetico pubblico” potrebbe possedere progetti energetici a basse emissioni di carbonio, tra cui l’energia eolica, solare, delle maree e nucleare. I profitti in eccesso generati da tale società pubblica, che potrebbero essere reinvestiti sul modello dell’EDF francese, potendo essere impiegati per ridurre le bollette e isolare le case, migliorandone l’efficienza energetica.

Lo studio indica che il mercato della generazione di energia completamente privatizzato è responsabile dell’aumento delle bollette dei consumatori, della mancata modernizzazione delle infrastrutture energetiche e della carenza di investimenti nella forza lavoro. Per la segretaria generale del TUC Frances O’Grady, “La privatizzazione ha portato a bollette più alte e case più fredde. Abbiamo bisogno di un approccio più equo e più ecologico che impedisca alle compagnie energetiche di utilizzare le famiglie britanniche come bancomat”.

Lo scorso luglio, il TUC ha presentato una proposta di nazionalizzazione per cinque delle più grandi società energetiche che operano nel Regno Unito, tra cui E.ON, EDF, Scottish Power e Ovo, per un costo stimato di 2,85 miliardi di sterline. Sarebbe molto più economico che salvare le società private.

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