I nuovi orientamenti UE sabotano gli investimenti nelle infrastrutture

I nuovi orientamenti della Commissione europea per gli investimenti nel settore delle infrastrutture, pubblicate il 29 luglio, pongono incertezze su ciò che sarà possibile in futuro.

La Commissione dichiara che essi “contribuiranno a integrare le considerazioni climatiche negli investimenti futuri e nello sviluppo di progetti infrastrutturali che spaziano dall’edilizia alle infrastrutture di rete e fino ad una serie di costruzioni di sistemi e beni. In tal modo gli investitori istituzionali e privati europei saranno in grado di prendere decisioni informate su progetti ritenuti compatibili con l’accordo di Parigi e con gli obiettivi climatici dell’UE.“ (https://ec.europa.eu/regional_policy/it/newsroom/news/2021/07/29-07-2021-commission-adopts-newguidance-on-how-to-climate-proof-future-infrastructure-projects )

Gli orientamenti, spiega la Commissione, “aiuteranno così l’UE a realizzare il Green Deal europeo” ed a “a rendere più verde la spesa dell’UE; sono in linea con l’obiettivo di ridurre delle emissioni di gas a effetto serra del 55 % entro il 2030 e di conseguire la neutralità climatica entro il 2050 “.

Dopo aver affermato che il cambiamento climatico ha già un impatto negativo sulle infrastrutture, la Commissione si addentra nell’ovvio e nel ridicolo, scrivendo che “ad esempio, occorre prestare particolare attenzione ad edificare in zone che potrebbero risentire dell’innalzamento del livello del mare; analogamente, la tolleranza termica per i binari ferroviari deve tener conto della temperatura massima più elevata secondo le stime [di 1-2 gradi!] anziché dei valori storici. È pertanto essenziale individuare chiaramente e investire di conseguenza in infrastrutture preparate a un futuro a impatto climatico zero e resiliente ai cambiamenti climatici”.

Pertanto, “per le infrastrutture con ciclo di vita oltre il 2050, stando agli orientamenti, l’operatività, la manutenzione e la disattivazione finale di qualsiasi progetto dovrebbero essere climaticamente neutre, con possibili considerazioni di economia circolare, come il riciclo o il riutilizzo dei materiali”, afferma il documento, aggiungendo che “la valutazione del rischio climatico” dovrebbe essere fatta prima che vengano avviati i progetti.

Questo implica che, se realizzati, i progetti infrastrutturali – ferrovie, idrovie, autostrade, ponti, argini alle inondazioni e altri – sarebbero rallentati anche oltre la pratica attuale da procedure burocratiche legate al clima. Dal momento che i progetti infrastrutturali dipendono in gran parte dalla disponibilità di acciaio a prezzi accessibili, i nuovi regolamenti dell’UE che introducono tariffe punitive per i beni importati da Paesi “a rischio climatico”, elencati dalla Commissione su una lista nera che prende di mira principalmente Pechino, ostacolerebbero l’importazione di acciaio a basso costo dai produttori di acciaio cinesi. Dopo decenni di tagli sostanziali alla produzione di acciaio in Europa, imposti dalla Commissione, per una presunta “sovracapacità”, oggi la produzione ai volumi richiesti non è possibile e sarà molto costosa se prodotta con l’idrogeno, come la Commissione prescrive. I nuovi orientamenti dell’UE mirano quinti a strategie di deindustrializzazione prolungate in Europa.

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