Elezioni italiane

Il dato certo delle elezioni del 25 settembre è che gli elettori hanno sconfitto Draghi e la “Agenda Draghi”. Tutti i partiti che hanno fatto parte dell’ammucchiata che sosteneva il governo del “vile affarista” (cit. Cossiga) hanno perso, chi di più, come la Lega (che ha dimezzato i voti del 2018), chi meno, come il PD (grazie alla mobilitazione del nocciolo duro con lo spauracchio del fascismo). Anche i Cinquestelle hanno dimezzato i voti e si sono salvati solo perché Conte è stato bravo a smarcarsi per primo dalla linea oltranzista filo-NATO e perché, come dimostra il pieno di voti nel Mezzogiorno, per la difesa del reddito di cittadinanza.

Il partitucolo di Renzi-Calenda, che ha fatto apertamente campagna per un ritorno di Draghi al governo, non è riuscito a sfondare la soglia del 10% con cui ambiva a fare da ago della bilancia, nonostante la straripante presenza televisiva del mancato profeta del terzo polo.

Quanto al centrodestra, la vittoria di FdI era scontata e – è inutile dirlo – dovuta al semplice fatto che ha raccolto i frutti di essere stato l’unico partito di opposizione al flagello Draghi. Meno scontata sarà la politica di un governo a guida Meloni. Se, infatti, la leader di FdI si è prostrata a USA, NATO e EU mostrandosi più realista del re su molti fronti (Ucraina, Russia, Cina), ha mantenuto i collegamenti con Victor Orban, oltre ad alcuni accenti “sovranisti” nei confronti di Bruxelles. È esemplare l’analisi pubblicata dall’Atlantic Council, uno dei più importanti pensatoi angloamericani, il 22 settembre, che concludeva: “sembra che ci sia poco da preoccuparsi che l’Italia rimanga un solido partner transatlantico, ma il grande interrogativo pende sui rapporti con l’Europa. Si batterà a tutti i costi l’Italia per un’Europa intera e libera, o semplicemente darà fastidio assieme ad altri paesi europei? Come dicono gli italiani, non si sa [in italiano nel testo]”. Questo dubbio spiega le reazioni sopra le righe di alcune cancellerie europee e le vere e proprie minacce da parte di Ursula von der Leyen che, interpellata dai giornalisti alla vigilia del voto su come reagirebbe la Commissione ad una vittoria del centrodestra, ha sentenziato: “Vedremo. Se le cose andranno in una direzione difficile – e ho parlato di Ungheria e Polonia – abbiamo gli strumenti”. Gli strumenti usati contro l’Ungheria, si è visto, sono la sospensione dei fondi. Contro l’Italia c’è anche il cappio della BCE, che può interrompere il riacquisto dei titoli di stato.

Da parte statunitense, un alto funzionario della Casa Bianca ha infranto la tradizionale non interferenza diplomatica dichiarando, tre giorni prima del voto, che il Presidente Biden “prenderà le misure” del nuovo Presidente del Consiglio e “determinerà ciò che vuol dire”. Persino il Cancelliere tedesco Olaf Scholz ha violato il protocollo chiedendo agli italiani di non votare per “i post-fascisti di Meloni che porterebbero il paese nella direzione sbagliata”.

A questo punto, l’unico a non interferire nelle elezioni italiane è stato Putin! Scherzi a parte, la cosa è di una gravità senza precedenti e riflette il timore che, nonostante tutte le assicurazioni fornite, un governo di centrodestra potrebbe, spinto dagli eventi burrascosi in arrivo e dai suoi alleati, sfuggire al controllo.

Le dichiarazioni di Salvini sulle sanzioni e quelle di Berlusconi sulle intenzioni originali di Mosca (“sostituire Zelensky con persone decenti”) hanno fatto suonare più di un campanello d’allarme presso la NATO e a Londra-Washington. È vero che i magri risultati elettorali non permettono alla Lega e a FI di avere il peso che speravano, ma il futuro governo non potrà ignorare i sondaggi che dicono che la maggior parte degli italiani è contraria alle sanzioni.

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