Così il “modello di sviluppo cinese” si applica ai paesi in via di sviluppo

 

La teoria economica convenzionale in Occidente “non è in grado di fornire alcuna spiegazione coerente alla rapida ascesa della Cina”, ha affermato il professor Wen Yi, macroeconomista ed ex ricercatore senior presso la Federal Reserve Bank degli Stati Uniti, durante la prima sessione della conferenza online dello Schiller Institute del 15 aprile (vedi SAS 16, 17-23). Wen ha illustrato in modo esauriente il suo punto di vista, che possiamo riassumere in modo approssimativo qui di seguito (la relazione completa può essere consultata su https://schillerinstitute.com/blog/2023/04/14/, o letta in Executive Intelligence Review (https://larouchepub.com).

Anche se ci sono molte somiglianze tra “il modello cinese e il modello di sviluppo capitalistico occidentale”, ha detto il professor Wen, ci sono tre “differenze superficiali”: 1) la scala: circa 250 anni dopo l’inizio della rivoluzione industriale, solo il 15% della popolazione mondiale vive in società industrializzate, mentre il processo di industrializzazione in Cina da solo aggiungerebbe il 20% a questa percentuale. 2) La velocità: la riforma economica della Cina è iniziata solo 70 anni fa. 3) il percorso: l’industrializzazione occidentale è stata “costellata di guerre”, mentre il percorso della Cina è stato pacifico.

Nonostante queste differenze, sostiene Wen, la logica di fondo è molto simile ed è importante che i paesi in via di sviluppo la comprendano. A suo avviso, la causa fondamentale del permanere della povertà è l’incapacità di produrre in massa. Per poterlo fare, una nazione deve costruire un mercato unificato che la renda redditizia. Ma ciò che “la teoria economica convenzionale non ci insegna mai è quanto segue: il mercato stesso è il bene pubblico fondamentale. Nessun singolo agricoltore è in grado di produrlo, quindi questo tipo di bene pubblico può essere creato solo con l’aiuto dello Stato”.

Wen Yi ha proseguito parlando dei “tre pilastri” che ogni mercato deve sviluppare: stabilità politica, fiducia sociale e infrastrutture (che sono anche un bene pubblico). Purtroppo, durante la riforma degli anni ’80 e ’90, il Washington Consensus ha imposto ai Paesi in via di sviluppo di accontentarsi di governi deboli e lasciare che lo Stato crolli, tanto “il mercato emergerà da solo”. Questa opinione è falsa, ha affermato, come dimostrano gli esempi dell’Europa, degli Stati Uniti, del Giappone, ecc., dove tutti i governi “hanno contribuito a far nascere il mercato per le proprie imprese”. Un altro aspetto su cui il Prof. Wen ha insistito è la necessità di creare il mercato in modo sequenziale, passo dopo passo, e non in “un’unica grande spinta o terapia d’urto”.

Nella storia europea, ha osservato, la colonizzazione ha contribuito a creare un mercato globale, ma “l’esperienza della Cina ci ha detto che possiamo anche creare mercati in modo pacifico, senza ripetere il modello occidentale del capitalismo di guerra. Questa è una delle lezioni più importanti che la Cina può offrire agli altri Paesi in via di sviluppo”. Lo Stato, il governo, centrale e locale, devono svolgere un ruolo molto importante per aiutare l’economia a creare un proprio mercato”.

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