Quando l’UE faceva il tifo per la Via della Seta

Sotto la presidenza von der Leyen, la Commissione Europea ha inaugurato una politica ostile nei confronti della Cina, dapprima chiamando quest’ultima, nel marzo 2019, “rivale sistemico”, poi lanciando il cosiddetto “Global Gateway” come ipotetico progetto antagonistico all’Iniziativa Belt and Road nel settembre 2021 e, infine, coniando il termine “de-risking” (uscita del rischio) per non usare “decoupling” (sganciamento), nel marzo 2023.

Oltre al fatto che troncare i rapporti economici con il proprio partner principale è una mossa suicida, Ursula von der Leyen e la sua cricca hanno nettamente ribaltato la tradizionale politica EU, che era alquanto diversa.

Infatti, nel 2008 la Commissione aveva pubblicato un documento che definiva “comuni” gli interessi della Cina e dell’UE in Africa e raccomandava agli stati membri di espandere la cooperazione con Pechino in una serie di aree. Il documento è un appoggio ante litteram allo spirito e alle intenzioni della Iniziativa Belt and Road, benché questa dovesse allora ancora essere lanciata da Xi Jinping.

La “Comunicazione” della Commissione UE al Parlamento Europeo, al Consiglio e ad altre istituzioni europee, intitolata “L’UE, l’Africa e la Cina: Verso il Dialogo e la Cooperazione Trilaterale”, afferma che “L’Unione Europea e la Cina sono entrambe partner di lunga data dei paesi africani” e descrive l’approccio di Pechino in Africa come segue: “La politica ufficiale di sviluppo della Cina è quella di perseguire la cooperazione con focus su sovranità, solidarietà, pace e sviluppo con la non interferenza negli affari interni e benefici reciproci come principii chiave. Commercio, investimenti, progetti infrastrutturali chiavi in mano e formazione in Cina (borse di studio) sono gli strumenti principali, finanziati per lo più con prestiti e operazioni in natura”.

E ancora: “Sia l’UE che la Cina hanno un forte interesse condiviso nel promuovere sviluppo stabile e sostenibile in Africa” e questa realtà “è stata riconosciuta dall’UE e dalla Cina” al decimo vertice Cina-UE a Pechino il 28 novembre 2007”.

Perciò la questione è “se si può fare di più tra UE, Africa e Cina per rafforzarne il dialogo e la cooperazione con forme di cooperazione triangolare”. La Commissione “sostiene che dovremmo iniziare su base consensuale a stabilire, in modo graduale, ma progressivo, un’agenda cooperativa a tre sia con i nostri partner africani che con quelli cinesi in un numero di aree in cui si possono massimizzare sinergie e benefici reciproci”.

Le aree in cui la Commissione chiede un “approccio pragmatico e progressivo”, un “approccio condiviso” e “un aiuto effettivo” sono: 1. Pace e sicurezza in Africa; 2. Sostegno alle infrastrutture africane; 3. Gestione sostenibile dell’ambiente e delle riserve naturali e 4. Agricoltura e sicurezza alimentare.

Sulla base di questa politica, quando il presidente cinese Xi Jinping lanciò la Belt and road nel settembre 2013, ci si aspettava che l’UE la accogliesse con grande entusiasmo, in quanto corrispondeva agli obiettivi e alle esigenze identificate in quel documento. Ma con la gestione von der Leyen, il ruolo cinese come partner desiderato per sviluppare l’Africa è svanito.

La spiegazione va cercata nei nuovi schemi di colonizzazione dell’UE, mascherati da “Green Deal” o da “salvezza del pianeta”, che mirano soprattutto a impedire lo sviluppo dell’Africa e dei paesi poveri in generale. La Cina è diventata una minaccia non tanto ai “valori europei”, bensì a tali schemi imperialistici.

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