“Gli israeliani sono disposti a vivere in un Paese alimentato dal sangue?”

Mentre i notiziari occidentali dànno l’impressione che le barbarie commesse dal regime di Netanyahu siano inarrestabili, cresce tra la popolazione israeliana, o perlomeno in parte di essa, la coscienza della gravità dei crimini commessi. Esemplare è il fondo scritto dall’editorialista di Haaretz Gideon Levy il 15 settembre.

“Israele si sta trasformando, con una velocità allarmante, in un Paese che vive di sangue”, esordisce Levy. “I crimini quotidiani dell’occupazione sono già meno rilevanti. Nell’ultimo anno è emersa una nuova realtà di uccisioni di massa e crimini di scala completamente diversa. Siamo in una realtà di genocidio; è stato versato il sangue di decine di migliaia di persone”.

“Questo è il momento in cui tutti gli israeliani dovrebbero chiedersi se sono disposti a vivere in un Paese che viva di sangue. Non si dica che non c’è scelta – certo che c’è – ma prima dobbiamo chiederci se siamo disposti a vivere in questo modo. Siamo disposti, noi israeliani, a vivere nell’unico Paese al mondo la cui esistenza si basi sul sangue? L’unica visione diffusa in Israele è quella di vivere da una guerra all’altra, da un salasso all’altro, da un massacro all’altro, con intervalli il più possibile distanziati. Non c’è nessun’altra visione sul tavolo”.